Pochi fortunati hanno avuto l’opportunità di staccare direttamente i baccelli dai rami e consumarne la dolce polpa all’ombra di un pomeriggio estivo. Sicuramente qualcuno avrà avuto modo di assaporarne il gusto dolce-amaro con le caramelle che alcuni esercenti, qualche decennio fa, offrivano come resto. Le carrube sono i frutti dell’albero di Ceratonia siliqua o carrubo.
Questa pianta appartiene alla famiglia delle leguminose (anche se non tutti gli autori concordano), e il frutto è formato da un baccello carnoso che si presenta esternamente marrone-olivastro e internamente tendente al giallo. La polpa è pastosa e dolce con un retrogusto amaro conferitogli dai tannini. I semi duri e regolari all’interno del baccello, detti “carati”, sono oggetto di interesse nutraceutico ma in passato anche commerciale poiché, piccoli e coriacei, venivano utilizzati come unità di misura dell’oro. Il carrubo è una pianta spontanea caratteristica del Mediterraneo e non è raro trovare alberi ricchi di frutti nelle campagne siciliane. Oggi è distribuita in tutta la penisola, in alcune regioni è addirittura annoverata tra le specie protette.
La sua diffusione geografica è documentata anche dalla definizione dell’ecosistema mediterraneo che comprende ulivo e carrubo, chiamato climax Oleo-Ceratonion siliquae, minacciato di estinzione perché tra i più compromessi a causa delle attività umane. Anche se l’interesse commerciale si è gradualmente ridotto nel tempo, oltre l’80% della produzione nazionale è localizzata in Sicilia. Con circa 310.000 tonnellate l’anno, Spagna, Italia (30.000 tonnellate), Portogallo, Marocco, Grecia, Tunisia e Algeria sono i principali paesi produttori.
Se in passato le carrube erano considerate alimenti poveri, utilizzati soprattutto a scopo zootecnico o in caso di carestie, oggi si assiste a una riscoperta di questo alimento legata alle sue proprietà reologiche e nutrizionali. La farina di carrube, infatti, può essere utilizzata negli impasti per favorirne le caratteristiche elastiche, specialmente in circostanze in cui non sono presenti il glutine o i derivati dell’uovo. Questo grazie alla naturale presenza di gomme naturali e alla loro capacità emulsionante.
Può essere sostituita al cacao, per mimare le caratteristiche del primo sia nella colorazione che al palato, riducendo però l’apporto di grassi. L’assenza di teobromina, caffeina e acido ossalico unita alla somiglianza di gusto con il cacao, la rendono un sostituto ideale per chi deve evitare il cioccolato. I valori nutrizionali della farina di carrube sono ugualmente ricchi, avendo circa il 13% di grassi e il 29% di carboidrati con un apporto medio di circa 20 grammi di proteine per 100 grammi di farina. Tuttavia, la presenza di fibre per quasi 1/3 del peso e la quantità ridotta che può essere utilizzata per le preparazioni, ne fa un ottimo ingrediente in cucina. L’utilizzo alimentare popolare delle carrube si può ritrovare in alcuni dolci tradizionali maltesi e della tradizione ebraica. Il liquore di carrube è un’altra preparazione tipica di Malta, Creta e Cipro.
Dal punto di vista nutraceutico, sono molte le proprietà attribuite a questo alimento, specialmente per il suo contenuto in tannini e galattomannani (polisaccaridi indigeribili formati da mannosio e galattosio). Le guide ministeriali sui “Botanicals” che elencano gli effetti fisiologici dei derivati vegetali, descrivono una proprietà emolliente e lenitiva per il sistema digerente con miglioramento della regolarità del transito intestinale. Inoltre, gli estratti del frutto o del seme mostrano la capacità di aumentare il senso di sazietà e ridurre l’assorbimento dei nutrienti, suggerendone un impiego nella perdita di peso.
Nella medicina popolare i semi venivano somministrati come antidiarroici e, ancora oggi, gli estratti vengono impiegati in caso di colon irritabile con caratteristiche diarroiche. Recenti evidenze scientifiche mostrano un possibile ruolo dell’estratto di carubbe nel mitigare l’intolleranza glicemica e quindi migliorare il metabolismo degli zuccheri, sia in individui in salute che in caso di diabete. Sempre la presenza di tannini (3 volte più concentrati rispetto all’uva) ne potrebbe giustificare l’impiego come antimicrobico, facendo comunque attenzione alle possibili interazioni farmacologiche di questi composti. Fibre e gomme potrebbero essere responsabili di un effetto ipolipidemizzante. Anche se promettenti, gli studi sull’effetto antineoplastico sono ancora poco convincenti e spesso basati su test in vitro. In ogni caso, in un panorama alimentare dominato da cibi sempre più lavorati e nutrizionalmente vuoti, alimenti genuini e poco trasformati possono avere un effetto sommatorio nella dieta decisivo per la nostra salute.
Non dimentichiamo che si tratta di frutti che hanno subito un limitato addomesticamento e quindi non sono stati adattati alle esigenze di mercato, perdendo le caratteristiche fitochimiche, come purtroppo è accaduto a molti altri alimenti.
L’impiego della carruba si presta a numerose applicazioni biotecnologiche come la produzione di acido citrico, acido lattico, mannitolo e altre sostanze usate spesso come additivi alimentari per inibire il deterioramento degli alimenti e migliorarne la consistenza. Anche l’industria cosmetologica, grazie allo sviluppo della cosmeceutica, si è interessata a questo frutto per la realizzazione di formulazioni con finalità sempre più ampie.
Il rinnovato interesse nei confronti di questa pianta è incoraggiante, sia sotto il profilo economico che per il suo potenziale nutraceutico ma anche ambientale, per il ruolo decisivo che svolge nel plasmare la macchia mediterranea. Perdere una pianta così radicata nel nostro ecosistema sarebbe un vero peccato, non soltanto per l’impatto visivo ma anche per i delicati equilibri tra fauna e flora, etnobotanica, stile di vita e condizioni climatiche (elementi tra loro strettamente concatenati), che hanno reso unico il nostro invidiato angolo di paradiso.
Dott. Gianluca Rizzo
Biologo Nutrizionista, Dottore di Ricerca in Biologia e Bioteconologie Cellulari. Master in Integratori Alimentari, Perfezionamento in Nutraceutica. Docente in corsi di formazione ed ECM, fa parte del corpo docenti del Master Universitario in Fitoterapia e del Master in Fitobiologia, Nutraceutica e Prodotti per la Salute di Messina. Autore tuttora attivo, come ricercatore indipendente, di pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali a revisione paritaria.
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