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  • Immagine del redattoreDott. Gianluca Rizzo

La famiglia delle Alliacee

Chi non conosce il profumo inebriante del soffritto mediterraneo? Cipolla e aglio conferiscono un aroma e un odore decisi a molte preparazioni tradizionali. Per coloro che non sono abituati a questo carattere forte, il consumo potrebbe tradursi in un lieve disagio ma è innegabile che siamo di fronte a ingredienti fondamentali della cucina tradizionale. Non si tratta solo di quella mediterranea: aglio e cipolla sono elementi irrinunciabili nella tradizione culinaria di molti paesi, dal Sudamerica al Medioriente, dall’Europa e all’Asia orientale. A volte sono gli attori principali, come nel caso dell’aglio sott’olio o delle zuppe di cipolla, altre insaporiscono e completano preparazioni come hummus, pesto, guacamole e molto altro.

Fanno parte della famiglia delle Liliaceae che comprende anche molte piante a uso ornamentale (tulipano, mughetto, giglio, giacinto, ecc.). Al genere Allium si possono ricondurre le molte varietà di aglio (Allium sativum) e cipolla (Allium cepa) ma anche il porro (Allium ampeloprasum), lo scalogno (Allium ascalonium), l’erba cipollina (Allium schoenoprasum), il cipollotto (Allium fistolosum) e diverse piante erbacee perenni con una storia documentata di utilizzo alimentare di oltre 5.000 anni. Gli antichi egizi usavano i bulbi come vera e propria moneta di scambio. La loro conservabilità rappresenta infatti un grande vantaggio, unito al sapore e al profumo inconfondibili, anche se utilizzati in piccole quantità.


Sono molte le caratteristiche condivise dalle specie appartenenti a questo genere. Nonostante il termine Allium potrebbe derivare dal termine greco “evitare”, tutti i bulbi e le foglie delle varie specie sono utilizzabili per il consumo umano. Invece, secondo una derivazione etimologica celtica, il nome Allium potrebbe derivare dal termine “bruciante”: caratteristica associata all’odore pungente, condivisa da tutta la famiglia botanica. Come altre piante della famiglia delle Liliaceae condividono la bellezza delle infiorescenze e presentano numerose sostanze solforose, come l’antibiotico naturale allicina, che gli conferisce il caratteristico sapore. Tali sostanze, inoltre, svolgono il ruolo di fitoalessine che proteggono la pianta da parassiti e microorganismi. I macerati di aglio in acqua vengono usati spesso nella lotta contro gli afidi, vaporizzati direttamente sulle piante a rischio.


Le loro proprietà antibatteriche sono state dimostrate anche per quanto riguarda il consumo alimentare. In esse sono presenti numerose sostanze antiossidanti, fitosteroli e flavonoidi come la quercitina, che ci suggeriscono quanto preziosi siano nella nostra dieta per la prevenzione di varie patologie.

È interessante precisare che l’allicina si forma da un precursore inodore chiamato alliina, un aminoacido presente nelle cellule della pianta che, in seguito alla rottura delle strutture vegetali, viene convertito da un enzima specifico e liberato in forma di allicina, come meccanismo di difesa della pianta stessa. Infatti, anche se per l’uomo la tossicità è molto ridotta, e si manifesta solo in caso di consumo massivo di specie spontanee, alcuni animali potrebbero intossicarsi facilmente in seguito alla loro ingestione. Grazie anche alla spiccata capacità di resistere alle intemperie e ai parassiti, è sempre più diffuso il loro utilizzo ornamentale, anche se quello alimentare rimane il più antico. A questo proposito, nell’Ottocento, nel Giardino Botanico Imperiale di San Pietroburgo fu realizzata la più vasta collezione di fiori del genere Allium.

Il genere Allium annovera numerose specie (oltre 700) utilizzate a scopo alimentare, per quanto l’agricoltura moderna si è concentrata su un numero molto limitato di piante, con la conseguente perdita di specie dal forte interesse etnobotanico. Sia i Romani che i Greci usavano frequentemente specie spontanee come l’aglio orsino (A. ursinum), aglio peloso (A. subhirsutum), erba cipollina cinese (A. tubeosum), aglio roseo (A. roseum), aglio moscato (A. moschatum), cipolla siberiana (A. ochotense), scalogno persiano (A. stipitatum), ecc.


Tuttavia, circa 60 specie sono reperibili in forma coltivata e spontanea (speso naturalizzata) sul territorio italiano e c’è ancora un uso tradizionale di specie meno comuni come l’aglio subvilloso (A. subvillosum), l’aglio dorato (A. moly), l’aglio delle streghe (A. carinatum), l’aglio napoletano (A. neapolitanum), l’aglio pippolino (A. vineale), l’aglio delle bisce (A. sphaerocephalon), l’aglio triquetro (A. triquetum), l’aglio serpentino (A. victorialis) e tutte le varietà di aglio comune nei presidi Slowfood e DOP come quello di Voghiera, di Vessalico, l’aglio bianco polesano e quello rosso di Nubia.

L’aglio orsino, per esempio, veniva già coltivato e utilizzato dai Romani e il termine ursinum deriva probabilmente dal consumo che gli orsi ne facevano appena usciti dal letargo. Ancora oggi, con l’aglio orsino si prepara una salsa simile al pesto di basilico. L’erba cipollina era invece utilizzata in erboristeria come antiscorbutico o cicatrizzante.

Fa ancora parte della cultura culinaria di molti paesi e viene facilmente coltivata per essere sostituita all’aglio comune, che presenta un gusto molto più deciso. Lo scalogno prende il suo nome dal porto mediterraneo di Ascalonia, vicino a Gaza, nel Medioriente. In Europa è giunto dopo la prima crociata e oggi è presente in numerose varietà. L’individuazione delle specie di scalogno è complicata dalla confusione nella terminologia popolare che spesso porta a confonderlo con altre specie di Allium. Il sapore è lievemente meno intenso ma più aromatico rispetto alla cipolla comune, aspetto che ne ha stimolato il suo impiego in cucina, decretandone il successo. Seconda solo all’aglio comune, anche la cipolla presenta numerose varietà regionali che annoverano oltre 20 tipologie italiane ben connotate, dalla cipolla rossa di Tropea alla cipolla di Brunate sul lago di Como.


Oltre all’utilizzo canonico dei bulbi per insaporire le pietanze, le varie specie spontanee possono essere utilizzate per misticanze o per consumarne i fiori.

Il Ministero della Salute ha individuato degli effetti fisiologici derivati dall’utilizzo in integratori di sativum, cepa, ampeloprasum, ascalonium, schoenoprasum e ursinum che riguardano per lo più il bulbo ma in alcuni casi anche il seme, le foglie e le strutture erbacee. Si tratta di funzioni di drenaggio dei liquidi corporei; benefici alle vie urinarie; miglioramento della circolazione sanguigna; influenza sul metabolismo di lipidi, trigliceridi, colesterolo e carboidrati; miglioramento delle funzioni digestive; coadiuvante della fluidificazione delle secrezioni bronchiali. Inoltre, vengono evidenziati benefici per naso e gola e un effetto spiccatamente antiossidante. È noto l’utilizzo nella medicina popolare di aglio comune come ipotensivo… ma antisociale per il conseguente fenomeno di alitosi!


Curiosità: in alcune correnti religiose orientali viene posto il divieto di consumare piante fetide. Per ovviare alla mancanza di aglio e cipolla, i fedeli possono consumare una particolare spezia chiamata assafoetida o finocchio fetido o sterco del diavolo. Si tratta di una specie di origine persiana appartenente alla famiglia delle appiaceae da cui si ricava una resina dall’intenso odore e sapore simile a quello dell’aglio, ma con un sentore più speziato che ricorda il pepe nero. La resina dal forte odore di zolfo viene essiccata e polverizzata per essere usata come condimento alternativo nella cucina indiana. La sua presunta attività antimicrobica e antivirale ne ha motivato l’utilizzo, durante lo scorso secolo, per combattere i sintomi dell’influenza spagnola e di recente è stata impiegata in studi preliminari come agente antivirale per l’influenza suina.

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Dott. Gianluca Rizzo


Biologo Nutrizionista, Dottore di Ricerca in Biologia e Bioteconologie Cellulari. Master in Integratori Alimentari, Perfezionamento in Nutraceutica. Docente in corsi di formazione ed ECM, fa parte del corpo docenti del Master Universitario in Fitoterapia e del Master in Fitobiologia, Nutraceutica e Prodotti per la Salute di Messina. Autore tuttora attivo, come ricercatore indipendente, di pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali a revisione paritaria.

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