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  • Immagine del redattoreDott. Gianluca Rizzo

I tuberi dimenticati

Quando parliamo di tuberi il nostro pensiero si rivolge immediatamente alla patata. Alimento sano e ricco di amido, può essere utile a soddisfare il fabbisogno di carboidrati complessi nella nostra dieta. E' un cibo che indiscutibilmente fa parte della tradizione culinaria italiana e il cui consumo, insieme a riso e a frumento, ne caratterizza l’adesione al modello mediterraneo, tanto acclamato per gli effetti benefici sulla salute.


A differenza della pasta, le patate contengono meno calorie a parità di peso; tuttavia la loro capacità di aumentare la glicemia dopo i pasti può essere più elevata, tanto da essere state considerate svantaggiose nelle diete ipocaloriche e, più in generale, per il controllo del peso corporeo. La realtà dei fatti è che questa caratteristica, in gergo tecnico definita indice glicemico, è strettamente dipendente dal metodo di cottura. Basterebbero alcuni piccoli accorgimenti inerenti proprio alla preparazione per contenere questo svantaggio e limitare la scissione delle molecole di amido. Infatti, a metodi più “aggressivi” sarebbe meglio preferire la cottura al vapore o quella al forno, lasciando poi che le patate si raffreddino leggermente prima di essere consumate.


Nonostante le caratteristiche positive di questi tuberi, è innegabile che si tratti di un alimento che, a seguito dell’introduzione nella nostra dieta come cibo importato dalle culture precolombiane, ha subìto un processo di selezione al fine di ottenere la massima resa nutrizionale con il minor sforzo di coltivazione. Si tratta di normali selezioni che, specialmente in epoche di scarsità alimentare, permettevano di risolvere velocemente la carenza nutrizionale dal punto di vista calorico. Per questo molti alimenti che oggi consumiamo sono estremamente raffinati e calorici, aspetto che ne permette in certi casi anche una maggiore conservazione. Il risultato è, però, che ai giorni nostri le patate possono essere facilmente considerate un surplus nutrizionale fatto di calorie extra, specialmente se associate ad altre fonti alimentari altrettanto caloriche.


Per gli stessi motivi di selezione, ovviamente non scevri da un interesse commerciale, altri tuberi amilacei sono stati abbandonati a causa delle minori rese nutrizionali. Tuttavia, questi ultimi rappresentano ancora un indizio culturale del nostro paese e presentano un mercato di nicchia che sta crescendo e che potrebbe rappresentare un’alternativa alle “temute” patate.

LA PASTINACA

La pastinaca (Pastinaca sativa) è una pianta erbacea che forma una lunga radice carnosa, commestibile previa cottura. La sua introduzione nell’alimentazione italiana, per importazione dai territori germanici, sembra risalire all’epoca dell’Impero romano. Molto diffusa nel Medioevo, è stata soppiantata successivamente dalla patata, ma il suo utilizzo è assolutamente paragonabile a questa, prestandosi bene per la preparazione di zuppe e sformati di ortaggi. Utilizzata in passato come fonte di zucchero al posto della barbabietola, venne descritta nel XIII secolo come alimento vegetale commestibile tipico del milanese.

IL TOPINAMBUR

Il topinambur (Helianthus tuberosus), chiamato anche rapa tedesca o carciofo di Gerusalemme, ha recentemente suscitato interesse come tubero esotico. In realtà, anche la sua introduzione è avvenuta dopo la scoperta del continente americano e, come per la pastinaca, gli è toccato in sorte di essere soppiantato dalla patata. Il topinambur si presta a moltissime ricette e può essere consumato sia crudo che cotto, conferendo alle preparazioni culinarie un sapore a cavallo tra patata e carciofo. Il suo impiego è caratteristico della bagna càuda, un piatto piemontese, e trova ampio utilizzo nella cucina romana e nelle focacce siciliane. Il tubero si origina da una pianta spontanea facilmente coltivabile che può sostituire egregiamente la ben più inflazionata patata, donando un apporto di sostanze interessanti sul versante nutrizionale.

LA MANIOCA

La manioca (Manihot esculenta) è un tubero amilaceo tipico dei paesi tropicali e subtropicali, conosciuto anche come cassava o yuca. Non presenta una tradizione d’uso mediterraneo, ciò nonostante da essa si ottiene la farina di tapioca, tradizionalmente utilizzata per la preparazione dei budini. Attualmente, la sua fecola è presente in molte composizioni alimentari e persino in alcune pappe adattate per lo svezzamento. Può essere consumata previa cottura e presenta un sapore molto gradevole, simile alla castagna, anche se consumata semplicemente con un filo d’olio e spezie. Si tratta della terza fonte di carboidrati nell’alimentazione mondiale e la sua coltivazione ha subìto una selezione simile a quella della patata per aumentarne resa e commestibilità delle varianti naturali. Principale fonte alimentare in molti paesi africani, la manioca veniva coltivata già dai Maya, più di 1.000 anni fa, e tutt’oggi viene adoperata da alcune popolazioni per il trattamento della sindrome del colon irritabile.

LA PATATA AMERICANA

Non possiamo tralasciare la patata americana (Ipomoea batatas), chiamata anche batata o patata dolce. A dispetto del nome, si tratta di una radice amiliacea di riserva che si origina da una pianta molto distante dalla solenacea che ben conosciamo. Anche questo è un alimento di origine americana, nutrimento base di alcune popolazioni andine da migliaia di anni. Non facendo parte della famiglia delle solenacee, anche i germogli sono commestibili così come le foglie, e in Italia fa ormai parte dei prodotti agroalimentari tradizionali di alcune regioni da Nord a Sud. Esistono varietà di colore diverso, commercializzate ampiamente nei mercati italiani e l’utilizzo della batata può sostituire la più comune patata favorendo un maggiore apporto di fibra, calcio, carotenoidi, antiossidanti e vitamina A, con un minore indice glicemico.

Le patate sono ottimi alimenti in una dieta bilanciata ma la possibilità di variare, evitando la monotonia di un ristretto ventaglio di cibi, solo perché più comunemente impiegati, può ampliare i nostri orizzonti culinari e completare il quadro nutrizionale della nostra dieta.


Dr.  Gianluca  Rizzo - PhD - Biologo Nutrizionista Biologo Nutrizionista, Dottore di Ricerca in Biologia e Bioteconologie Cellulari. Master in Integratori Alimentari, Perfezionamento in Nutraceutica. Docente in corsi di formazione ed ECM, fa parte del corpo docenti del Master Universitario in Fitoterapia e del Master in Fitobiologia, Nutraceutica e Prodotti per la Salute di Messina.  Autore tuttora attivo, come ricercatore indipendente, di pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali a revisione paritaria.

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